Felice Lombardozzi "El Bardo"
 
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NOTE CRITICHE


Francesco Arena
: “Si è affacciato al mondo artistico tra il Sessanta e il Settanta e dopo un decennio di inattività è nuovamente tornato ai suoi colori sostituendo il pennello con la spatola. Le sue tele trasmettono il messaggio di un uomo istintivo che ha scoperto di essere solo e che solo non vuole stare: aderente all’Unione della Legion d’Oro e associato all’Accademia Tiberina, ama la vita e i rapporti umani che intensifica. E’ vice-presidente dell’Associazione Culturale Prodarc. Nato nel segno dell’Acquario vive, spaziando curioso, nei campi più disparati: si interessa di elettronica, di scienze esoteriche e di informatica. Si firma El Bardo: uno pseudonimo che decise di attribuirsi, estraendolo dal proprio nome, quasi a ricordare che mentre El’ rappresenta la frontiera spagnola che gli ha offerto nuove possibilità di apertura con gente di altri paesi, Bardo sta a significare il vate, il poeta guerriero degli antichi popoli Celti, da cui la sua stirpe proviene, e di cui è cenno nei colori della sua casata (l’argento, il rosso e l’azzurro)”. 



Scrive Antonio Oberti: “Felice Lombardozzi non dipinge ma incide con profonda partecipazione di cuore nella consapevolezza di correre dietro, con una impaginazione spesso sofferta, alla poetica essenzialità. Incide e i suoi lavori a spatola si trasformano in immagini cariche di profonda umanità, di sentimento dello spazio e della vita. Incide e la sua vocazione creativa, elaborata con istintiva immediatezza, si orchestra su toni intensi, anzi focosi, con una pasta di profonda suggestione. Lo hanno definito, tra l’altro, un uomo solo, ma non mi sembra giusto: non è solo perché vive con i suoi personaggi che, pur essendo anonimi e indistinti, si muovono, agiscono, diventando, attraverso il filtro del sentimento, immediatamente e perfettamente individuabili e intelligibili. Perciò senza usare parole diverse o nuove definizioni, si può affermare che El Bardo può bensì dirsi esistenzialistico, collocando egli le figure nella realtà dell’ambiente, dando così l’esatta misura del suo modo di amare e di sognare. La dovizia cromatica è la sua forza, la sintesi il suo equilibrio esteriore e interiore. Il piglio icastico delle spatolate, dando spicco ai gialli, ai rossi violenti, ai blu, ai bruni, illumina ogni particolare di intensa poesia e il pittore romano è cosciente di tutto ciò, del tentativo pienamente riuscito di travalicare il finito verso l’infinito e riportare alla luce quello che è il suo mondo. La severità dell’arte di Lombardozzi, per coloro che sanno apprezzarne l’espressività, è perciò carica di eventi e di vicissitudini che si rivelano anche nei paesaggi solitari e nel Cristo. Le sue possibilità espressive trasformano la realtà e la spiritualità in visioni che si innalzano su di un piano ideale, espandendo così sulla tela, con foga eppure con finezza, la sua anima pittorica”. “Ora scavando a spatola nello spessore della materia ora inseguendo i colori delle stagioni con pennellate a battito d’ala su sfondi prevalentemente dominati da tinte fredde, notturne – i blu, i violetti- la pittura del Bardo tende a sciogliere continuamente la convenzione realistica raggiungendo attraverso i filtri dell’immaginazione marine e villaggi costieri racchiusi in una falce di luna, palazzi e fanali fragili come le conchiglie delle sue nature morte, cigni azzurri e boschi e velieri, con una tendenza al monocromatico intenso come sintesi estrema di forma e colore, più evidente quando, soprattutto in alcune nature morte, rivela vaghe tentazioni cubiste. E’ tuttavia nel paesaggio che l’artista manifesta più compiutamente la sua raffinata sensibilità dipingendo quasi inconsciamente luoghi memorizzati in particolari stati d’animo: più che paesaggi vorremmo definirli avamposti, per usare un titolo dello stesso autore, che potrebbe riassumere i significati e le inquietudini di tutta la sua opera” (Matteo Capodarso).

Patria di El Bardo - così si chiama in arte Lombardozzi - è la splendida cittadina di Cori, che diede i natali ad altri amici poeti, tra i quali Gabriella Sobrino e l'indimenticabile Elio Filippo Accrocca.
El Bardo (che sta per "poeta guerriero") lega con i nostri amici anzidetti poichè la sua pittura, la sua arte, è maturata proprio nell'ambito del conseguimento di una nuova poesia della forma, liberando le immagini, le raffigurazioni degli elementi oggettivi che le compongono, in una dimensione post-Futuristica dinamica, sonora, ritmica, riconducibile a grandi artisti del passato, quali Mondrian, Pollok, Kandinskij.
Il segno e sopratutto il colore vengono utilizzati per suscitare emozioni, concertate da un'unica matrice spirituale.
"L'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che a volte non lo è", dice Kandinskij.
Di fatto, per Lombardozzi, la figura è solo un pretesto per indurre l'emozione, per creare quel pathos fruizionale che conquista l'osservatore, rendendolo partecipe e coinvolto nella sua poesia.
E ci ricorda questo grande autore anche nell'utilizzao del colore azzurro, continuo invito verso l'infinito,
la purezza, l'ipersensibilità.
E nei colori vividi di altre opere, come gli smalti e le terraglie, El Bardo esprime le straordinarie, complesse
e mutevoli componenti di quel magma lavico delle molteplici e sue esperienze, profonde analisi di pensiero
e creatività, causa ed effetto della sua arte.
                                                                                  Giampiero Linardi

 
  EL BARDO 2009

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